domenica 29 maggio 2011

Castelli nella sabbia

Sto scrivendo un libro. O almeno sembra che lo stia facendo. Ci provo, anche se non ricordo più il perché.



Non ricordo.

E’ una costante della mia vita che scorre nel luogo dell’Ultimamente. Scrivo i miei pensieri un po’ dappertutto, su moleskine, su fogli stracciati da altri e non più buoni per loro e naturalmente qui e su Twitter. E mille altri non luoghi che per me esistono il tempo giusto per registrare quei pensieri. Ho scritto un po’ dappertutto non a caso perché i tuoi pensieri non puoi scriverli completamente. Qualcosa di loro si perde in quel lungo percorso che va dalla testa alla mano. Dicono che il cervello sia composto da neuroni, nevroglia e materia variamente colorata. Io, il mio cervello, non l’ho mai visto. Ho visto quello di qualche altro, perlopiù nei film. O quello degli animali, in qualche macelleria di paese.

Ricordo tante cose vecchie, come quel mezzo rimprovero che l’antagonista di turno mi faceva sentire: Ma che tieni l’acqua in testa?

No. Non è solo acqua.

Almeno adesso. Prima magari un cervello che registrava tutto ce l’avevo. Adesso ho una spiaggia fatta di sola battigia, composta dai granelli di informazioni ed esperienze sedimentate negli anni. Una volta erano conchiglie da ascoltare quando il mare ti mancava. Quel suono che si sente dentro loro è una buona approssimazione, a voler esser buoni. Se non altro è più pratico ‘ché ti voglio vedere a portarti appresso un mare intero solo per ascoltarne il verso ogni tanto. Ora quelle conchiglie sono sabbia sui cui scrivere con la punta delle dita quello che mi accade intorno. Per descrivere il mare.

Scrivo con la mia scrittura e allora qualcosa si perde. E mentre scrivo veloce, tra un’onda e l’altra, penso sui miei pensieri. Le lettere e le frasi si accumulano e il dito che fa da legnetto è uno solo. Altro si perde, altro si accumula. Arriva l’onda e molto si perde. A volte tanto, a volte troppo. Raramente solo qualcosa.

Quando smetto di segnare la sabbia riguardo ciò che è rimasto di quello che ho scritto. Conchiglie morte, fantasmi dello stesso suono che ora sto ascoltando. La risacca del mare, le onde vicine e quelle lontane che sono quelle che si infrangono sulle altre. Alzo gli occhi dalla sabbia e guardo quei suoni che sono uno. Ho l’acqua in testa.

No. Non è solo acqua.

Qui c’è il Mare. Resto ad ascoltarlo, questa volta anche con gli occhi. Non voglio dimenticarlo, non oggi. Fino al mio mai.


Photo courtesy by Annlise85


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