mercoledì 8 aprile 2015

A song of Ice and Sun


Questo è un altro di quegli aggiornamenti chilometrici, di quelli ad un certo punto, su Facebook, trovi i puntini di sospensione e devi cliccare su Altro se vuoi continuare a leggere. E' un po' schizofrenica quest'abitudine di lasciare nascosta la parte davvero importante e far sì che una parte così intima di te sia ad un solo click di distanza da chiunque, ma il Tempo aiuta anche nel comprendere quando è il momento di fare spallucce, pensare un meh e andare avanti canticchiando la sigla di Siamo fatti così. Che poi, secondo me, quelli di FB l'hanno messo per quei rari casi in cui il tempo libero di ben due soggetti non coincide con un mavaffanculovà. Cosa molto rara, già. Ché ultimamente pure un tweet è lungo assai e lo so che arriveremo ad esprimerci solo con le emoticon e i disegnini di Whatsapp. Nemmeno il tempo di una generazione.

O di un tempo indefinito, come può diventarlo un mese di quaranta giorni o un anno lungo tre perché non si è mai andati al mare ad asciugare le ossa dopo gli inverni, gli autunni e le primavere bagnate più dell'acqua salata di fronte le spiagge. E' vero quello che mi dicevano quando avevo ancora la frangetta. Il tempo scorre sempre più velocemente dopo che smetteranno di farti i regali ai compleanni e sarai tu ad offrire qualcosa in quei giorni. E sulle ossa non resta soltanto l'umido delle stagioni, resta anche una strana pesantezza, sfocata tra i tic tac degli orologi da taschino e i numeri che non vedono l'ora di superare la cifra notturna delle 00 e 00. Quegli zero sembrano orbite vuote che ti guardano dentro e tu non sei a fuoco. Per questo il tempo passa velocemente, due paia di occhi che non riescono a fissarti nel presente e allora un altro giro, facciamo presto. E nel frattempo i ricordi fanno come quella sabbia sulle spiagge, quando c'è: scivolano tra le dita verso altra sabbia. E non ci sono più secchielli e palette per bagnarla, per intrappolarla, per fermarla. Quando il secchiello c'è è solo per un'altra doccia gelata.

Come quando vedi il viso di Nazario dopo che è stato mandato in pensione, a cinquant'anni dall'ultima volta che era rimasto più di due ore a non fare un cazzo di niente. Io non ci voglio arrivare ad avere l'espressione di Nazario, sotto sotto no, non voglio. E' istinto di vivenza, credo. E però come un cretino resto qui, con le ossa umide, col freddo che mi blocca nel ghiaccio alla soglia dei trent'anni. Non serve cliccare su Altro se poi ci clicchi sopra e trovi solo un punto. Magari la mia non è paura di trovare troppo o di non trovare quello che ho già, ma quella di trovarci subito un punto e non un "Visse felice e contento" con un post scriptum in corsivo "Perché realizzò tutti i suoi sogni".

E allora resto qui, di fronte allo specchio, a guardare il mio viso somigliare sempre di più a quello di Nazario, prima di darmi una mossa. Prima che sia troppo tardi. Prima che altre notizie nascondino questo aggiornamento. Prima di non riuscire a trovare, molto semplicemente, Altro.

Music on air: Nujabes - Mystline

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