sabato 27 marzo 2010

Chinaski non c’entra niente

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Salii sul treno il primo giorno di primavera e arrivai a Milano che era ancora inverno. Scesi in stazione con addosso il giubbotto perfetto per il caldo vento barese, una postepay con dentro 30 euro e la voglia di non rivedere i miei per parecchio tempo.

Fa un freddo porco di giorno qui a Milàn, ma di notte è anche peggio. La coperta non serve a molto e il cartone sotto il culo ancora meno. Non è come nei film, per niente. Ahmed  mi racconta del suo paese d’origine e della ormai non più sua Luna… Ed è meglio di una lettura di Vittorio Gassman. Il suo accento africano mi rapisce e riesco quasi a vedere il mercato dove Luna va a comprare la farina e il latte. Sembra uno di quei spettacoli di Marco Paolini dove le parole e i gesti creano. Quella di Ahmed è la solita storia dell’immigrato irregolare che a me storie così non fanno più né caldo né freddo tante ne ho ascoltate nei mesi successivi quella notte. E poi ne stavo vivendo io una di quelle storie, quindi ascoltai Ahmed tranquillo da quell’orrore perbenista che dovrebbe montare ogni volta che si vede un tg. Ascoltavo.

Ahmed è andato via dal suo paese in cerca di lavoro stivato in un camion fino alla Libia e poi è arrivato in Italia su un barcone nuotando dalle prime boe fino alla costa calabrese e poi Napoli e Roma e Foggia e ora Milano. Io queste città le ho viste tutte, ma ero in vacanza con i miei: lui a malapena aveva se stesso. Ha vissuto gli ultimi tre anni in condizioni cheloscrivoafare ed ora è qui con il culo sullo stesso cartone che raffredda il mio che mi racconta la sua vita finora.

Mi dice che le nuvole e il freddo non sono un caso, che le ha mandate Luna per non farmi stare triste troppo, così mi dice. Gli chiedo il perché e lui sbuffa, forse infastidito dalla domanda o dal ricordo, ma poi mi racconta, con un espressione maledettamente africana, mista tra nostalgia e sogno, di quando lui e la sua Luna andavano in riva all’oceano a guardare la luna e a fare l’amore di nascosto ai genitori di lei. Ora lei è la donna di un altro, ma lui crede che sia lei a soffiare verso nord per mandare le nuvole a coprire la luna piena e il suo desiderio per non farlo soffrire guardando il cielo da solo… E questa cosa lo fa star male e bene allo stesso tempo.

“Che palle la vita!” esclama e nello stesso momento penso che questa espressione la dico spesso anch’io e che in fondo i nostri desideri non sono così diversi. Vorremmo solo una donna o a volte, quando lei proprio non vuole essere presentata dalla vita allora basta anche solo essere pensati da una Luna. I grandi movimenti del mondo sono alimentati da piccole cose a volte magari insignificanti o folli, ma alla lunga fanno muovere le stelle lassù. Il mio sguardo fisso accompagna la mia macchina sforna pensieri e inizio a scivolare nelle considerazioni sull’entità dell’uomo e sui reali bisogni che tutti noi abbiamo e proprio mentre sto per avere il cosiddetto momento di lucidità, proprio quando sono vicino a tutto quello che i pensatori e i filosofi hanno solo sfiorato in migliaia di anni… ecco che arrivano i carabinieri a farci sgomberare le scale della metro. Fanculo. Ahmed li bestemmia sottovoce in quello che credo fosse arabo e nel farlo mi passa la bottiglia di quello che speravo fosse gin e un po’ barcollando, un po’ camminando in linea dritta puntiamo verso una panchina dove passare ancora un po’ di questa notte.

Quando non hai niente se non a malapena una famiglia da cui non vuoi o non puoi più tornare, tutto quel poco che hai ti diventa più importante ed è un attimo ritrovarti ad apprezzare di avere un paio di gambe per fare quei passi che separano la stazione alla panchina dove ho poi dormito le tre notti successive o ad apprezzare le mani con cui l’ho poi difesa dagli altri che stavano peggio di me. Ma quella sera, con l’alcool che scorreva nelle vene e le parole di Ahmed nelle orecchie, io non pensavo ad altro che ai miei due occhi crepati dal sonno e dalla stanchezza. Ci sdraiammo su quella panchina gelata e guardai là in alto.

Luna, nelle orecchie e negli occhi.

Music on air: Pearl Jam - Immortality

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