lunedì 8 febbraio 2010

Sogni di pancakes

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Quando hai la bolletta per Internet già pagata, credito zero nella scheda e tempaccio da cani fuori la finestra è praticamente ovvio che ti ritrovi a passare la domenica sera davanti al pc. Un po’ di relax dopo poche, ma troppe ore a giocare di ruolo con chi non vuoi più.

Colmando un buco alla volta ti ritrovi a connetterti a tanti social network che la metà delle persone connesse ti basterebbe per avere un attacco fatale di antropofobia. Poi passano veloci le ore neanche fossero secondi con la diarrea e arriva il momento di liberare il letto dai vestiti che hai usato in questi giorni e ad appuntarti prima mentalmente, poi sull’agendina, che il fatto di non riuscire a riconoscere ciò che usi per dormire nel letto da quello che usi per socializzare dal vivo è chiara premessa di una mezza giornata nei negozi post saldi.

Mi ritorna in mente il portafogli finalmente ritrovato dopo due settimane, le venti euro che erano dentro dentro e che ho speso nel giro di un paio di giorni. Ricordi dimenticati, solo loro sanno quale fine gli ho fatto fare a quegli euri. Me ne serviranno molto di più di venti per fare certe cose che mi frullano in testa da parecchio e non saranno mai abbastanza per andar via di casa e liberare un bel po’ di metri quadri dalla mia presenza pluriventennale. Mentre mi lavo i denti ringrazio la fatina della casa per aver uscito un nuovo tubetto del dentifricio e ripenso allo sguardo di mio padre quando ha realizzato che se entrambi i loro figli sono ora s-coppiati, l’ora del loro volo verso la creazione di un nuovo nido è più lontana. Lui aveva un anno più di me adesso e poteva mostrarmi cullandomi nelle sue braccia. Altri tempi, mi ripetono i miei. Altri soldi, rispondo io al brunetto acquaaltafobico.

Esco dal bagno e seguo il corridoio, saluto i miei, ancora svegli nonostante l’ora, 'ché i peperoni su FarmVille hanno bisogno di dedizione. Per non parlare di quell’asta su E-Bay. Tutto si riduce ad aspettare che gli appuntamenti avvengano, a cercare di non essere in ritardo, puntuali sulla propria Via per beccare gli altri sugli "incroci" di quel labirinto che ti si para davanti e che se guardi indietro è una linea retta. Destino è così che viene immaginato da Gaiman nel suo Sandman. Io noto che la Via è ad Unica Corsia, c’è spazio solo per te, ci sei soltanto tu dentro. Nessuna persona ti spinge, nessun’altra ti tira. Altre strade che non intersecano mai la tua, Vie che si lambiscono, si carezzano, ma mai per quanto tempo tu possa volere. O troppo o troppo poco. Ci son cose che puoi decidere, come della propria vita. Altre che puoi al massimo titillare, come le vite degli altri. Vite che si accarezzano ambiguamente, appunto.

Ho ventisei anni e ho perso quattro anni e due università a cercarmi e a capire che si può sbagliare. Anzi, che si deve sbagliare. Ecco tutto.

E tutto sommato vado avanti non volendo stare ancora fermo qui a guardare, a cercare di capire se ne valga ancora la pena. E intanto che ci penso continuo da dove avevo interrotto e beh, vado a nanna. Ora che è tardi realizzo anch’io qualcosa, che non è insonnia la mia: sono solo curioso di scoprire se di notte sia meglio la realtà rispetto ai sogni. Almeno di notte.

E domattina mi sveglierò alle dodici, con l’odore dei pancakes da riempire con Nutella e gelato alla vaniglia. Sarà una bella giornata o almeno abbastanza per poter correre con la musica a darmi il ritmo sulla via.

E poi domattina mi dovrò svegliare alle sette e mezza, realizzando che è stato tutto un sogno, che la colazione se non me la preparo io di certo non provvederà il Telefono Azzurro. Ma correre si, quello sempre. Tutto ha ormai quattro anni di vantaggio.

 

Music on air: Tiromancino - Strade

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