Sei al pronto soccorso per la tua prima truffa assicurativa. Non hai paura di come andrà: le radiografie mostreranno gli acciacchi che hai da tempo. Il viso invece dovrà esprimere lo stato d'animo di chi è stato tamponato e ha un dolore acuto al collo. Ringrazi il tuo dna, il tuo talento e i tuoi neuroni specchio che ti donano empatia.
L’empatia non serve soltanto a capire se stai o meno sulle palle a qualcuno mentre ci parli, ma è utile a molte cose: a mentire e a costruirti maschere, essenzialmente. Copie di altre maschere da mettere sulla tua. Una sull'altra, strato dopo strato, a ricoprire la maschera sul tuo viso, l'unica copia perfetta di ciò che c'era sotto. Le tue orecchie ascoltano i tuoi pensieri e non l’infermiera che grida il tuo nome.
Eccomi.
Prendi il tuo portafoglio ed estrai il documento da presentare al dottore. Ti cade la foto di tua madre e tuo padre con te di quando avevi la stessa altezza di un nano. Ti guardi per un istante perché quello ti basta. Il tuo viso quasi innocente, la tua prima maschera indossata per presentarti al resto del tuo mondo, un sorriso finto che taglia a metà i tuoi sette anni.
Guardi quell’espressione e pensi che per una persona noncurante sembreresti felice, ma guardi i tuoi occhi e sono il ricordo più vecchio della tua disperazione.
Il medico ti parla. Immedesimarti in un incidentato ti riesce bene: anche il medico si complimenta regalandoti venti giorni di collare.
Una foto con dentro un ricordo. La osservi e cambia, si aggiungono e spariscono dettagli, particolari. Un ricordo che non è una foto.
Chiedi un biscottino, ma il medico non capisce e torni a rivedere estranei che hanno più bisogno di te.
Li hai osservati, assimilati e ora dovrai digerirli. E mentre attendi che il bagno si liberi contempli la tua foto. Tra le tue mani c’è l’unico ricordo di chi eri e di come si è arrivati fino a questo punto...
Music on air: Rino Gaetano - Sfiorivano le viole
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