sabato 3 novembre 2007

La sua prigionia - Faergar 1 di 3



Afferrò il ratto e lo guardò negli occhi. Rossi, come i suoi in quell’oscurità. Le presentazioni finivano qui: gli strizzò il collo e iniziò pian piano a buttarlo giù nello stomaco.
Così non resisterò a lungo.
Erano passati esattamente quattro giorni da quando lo avevano rinchiuso, ma non ne veniva ancora a capo: tornando dall’avamposto, era stato catturato e messo in gabbia. Interrogato, riferì tutto ciò che vide e sentì prima dell’arresto, fin nei minimi particolari. Era questo il suo ruolo, dopotutto: in gergo militare lui, Faergar, è quello che viene definito "avanguardia". Evidentemente non bastava. Cercavano dell’altro, “altro” che lui non aveva, ma che per qualche strana combinazione sembrava portarsi appresso. Le vaghe domande che gli ponevano lasciavano intendere che anche questi soldati da quattro soldi non sapessero effettivamente cosa cercare. E non facevano altro che confonderlo ancora di più. Avevano ricevuto degli ordini, punto. Se avevano cara la pelle, dovevano trovare ciò che gli avevano chiesto: solo Faergar sapeva cosa, anche se ne dubitava. Era questione di poco, prima che i membri della Tela fossero avvisati e di lì che la sua vita avesse termine.
Il taglio che correva lungo tutta la parte sinistra del viso si era aperto nuovamente nel masticare e aveva ripreso a sanguinare. Dannazione. Era un regalo da parte dei suoi torturatori personali con un paio di forbici dentellate di fattura molto pregiata , usate solamente nelle occasioni più speciali. Non facevano altro che ripetere frasi come queste Parla! Sputa giù l’intera storia o te la caviamo noi da qualunque buco hai! Un giorno, un tipo più creativo degli altri se ne venne fuori con l’assurda idea che il suo buco del culo era troppo stretto per cagare una storia così grossa e che quindi sarebbe stato meglio se ti allargassi direttamente il buco da dove la mangi la merda, piuttosto che stare qui ad aspettare che ti esca da sotto!
E così fece.
Passò nella cruna dell’ago il sottile filo nero guadagnato dai pantaloni e lentamente iniziò a ricucire. Faceva un male cane, tuttavia questa volta riuscì a non svenire. Era comunque meno doloroso di quando gliel'avevano fatta.
Un draegloth si avvicinò. Alza il culo, frocetto: la Signora vuole vederti. Si sono stufati di giocare con te. Sembrava proprio che ce l’avessero col suo fondoschiena. Ad ogni modo, era meglio non controbattere a nulla, a meno che non si aveva una particolare fretta di morire. E Faergar voleva vivere.
La porta si aprì e mentre uno dei suoi guardiani rimase sull’uscio, altri due entrarono in cella e sbrigativamente ammanettarono il mezzodrow. Problemi, frocetto?
La strada per la sala delle torture la conosceva bene, ma per gentile concessione della prigione sotterranea di Dambrath poteva usufruire di due speciali accompagnatori al modico prezzo di due pugni sullo stomaco e di uno sulla ferita sulla guancia. Oggi doveva essere la sua giornata fortunata: aveva vinto anche la riapertura della ferita. Brucia cazzo! Cazzo cazzo cazzo!!!
Se la Signora aveva chiesto di vederlo la svolta decisiva era arrivata. Normalmente non scomodano i pezzi grossi per i pesci piccoli, ma evidentemente nutrivano ancora una speranza di farlo parlare con qualche incantesimo di ammaliamento. Cosa che non avrebbe mai funzionato, ovviamente. Non perché la sua volontà di tacere fosse così forte ovviamente, ma perché tuttora non aveva la benché minima idea di cosa dire. E a quel punto lo avrebbero fatto fuori nel modo più doloroso, come da buona abitudine drow; ultimamente andava molto tagliare a pezzettini poco più grandi di un dito di tressym: faceva urlare, ci voleva tempo e ci si sporcava parecchio. In una parola, un orgasmo.
Faergar si ritrovò con un collare che stringeva gola e respiro assieme, corredato di tutto punto da una massiccia palla di ferro che lo teneva saldo al proprio destino. Inchinati dinanzi alla tua Signora, lurido meticcio! E così il suo accompagnatore gli diede un bel calcio sempre lì facendolo cascare sulle ginocchia. Alzando lo sguardo, quello che vide non fu per niente incoraggiante: dei lunghi stivali di pelle nera erano appoggiati elegantemente sulla schiena di un povero umano privo ormai di qualsiasi consapevolezza. I suoi occhi vitrei erano ciò che più spaventarono l’ex commilitone. A pochi centimetri di distanza poté intravedere la tristezza che permeava quel volto scarnificato e si chiese se potesse essere quella la fine che lo aspettava. Meglio l’opzione fettine. Come lui, anche il bianco era legato da un collare, con la differenza che l’estremità di questo non terminava con la palla di ferro, ma con un guinzaglio tenuto fermamente da un guanto, anch’esso nero come la pece.
La Signora aveva forme inusuali per una drow. L'abbondante seno era retto da un corpetto a collo alto tenuto fermo da sottili legacci che si riunivano stretti sul dorso. Una mascherina ornata da ametiste e rubini copriva il suo volto ricoperto da scaglie dello stesso colore delle foglie di hiexel. Tre i fedeli al suo fianco: grosso e brutto uno, fredda e con lo sguardo calcolatore l’altra. Il terzo era quasi un’ombra dietro il trono della signora. La padrona era impenetrabile e questo era parecchio snervante per Faergar. Di solito capiva al volo la personalità di qualcuno standogli semplicemente accanto e osservandolo per qualche secondo: perfino il modo di allacciarsi i gambali diceva parecchio. Quella non doveva essere una maschera che si sarebbe potuto trovare in qualsiasi fiera di paese...

Music on air: Marilyn Manson - This is the new shit

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