venerdì 14 marzo 2008

Rothe Naug


È così crudelmente impensabile percepire Dio con i propri sensi? Perché deve nascondersi in una nebbia di mezze promesse e di miracoli che nessuno ha visto? – pensò Daurun alla vista dell’esercito che si formava sotto i colpi delle sue asce. Più ne abbatteva e più ne uscivano da quell’anfratto verso le profondità della Grande Crepa. Le braccia temprate dagli di anni di lavoro nella Forgia erano diventate ormai insensibili e il sudore e il sangue imperlavano le lunghe trecce della sua barba. Il corpo del figlio primogenito era riverso in una pozza di intestini e sangue, mentre quelli dei gemelli rallentava debolmente la marcia dei drow. Un miracolo, un suo segno... Dove sono gli dei della Terra e della Forgia quando la loro progenie è in pericolo? Quanti ne aveva ucciso? Non erano neppure la metà di quelli che stavano per arrivare. Un colpo secco e tranciò di netto la testa del derro che voleva cibarsi del suo primo figlio. Lo guardò per un lungo istante e gli promise qualcosa. Corse verso la crepa protetta dai gemelli e conficcò le asce ai lati dell’apertura. Posò i corpi dei gemelli accanto a quello del fratello maggiore e con un incantesimo li benedisse. Versata una lacrima per loro e per se stesso guardò verso l’Abisso ed esso guardò in lui attraverso i sorrisi degli elfi neri. Estrasse le sue armi magiche dalle fenditure che aveva appena creato. Strinse i denti e urlò il suo grido di battaglia prima di gettarsi verso le armi sguainate dei suoi futuri padroni.

Il drow più vicino fu abbastanza veloce da scansarlo e lo sputo arrivò a sporcare la costosa veste del drow dietro di lui. Al drow bastò un istante per guardare la macchia e provare ad avventarsi sul corpo disteso del nano, prima di essere interrotto dalla voce ferma e decisa del drow più anziano.
“Lascia stare, Daeristyrr... Peggio, peggio per lui...”
“Come?! E’ me che ha sputato, non te! Io gli strappo la lingua un pezzetto alla volta e sarà l’unica cosa che mangerà fino a quando non ce ne sarà più!”
“La Pazienza... è questo che contraddistingue un buon torturatore... Avrai tutto il tempo di fargli tutti i giochetti che vuoi dopo che avrò terminato i miei esperimenti, Daeristyrr...”
“Non c’è alcun bisogno di strappare la lingua al nostro ospite... E’ silenzioso come un qualunque rothé che verrà sacrificato per la morte di un terzogenito... Il nostro incarico è quello di prepararlo. Gli illithid scopriranno molto dopo di noi i segreti del suo clan!” – disse Kalrys ridacchiando.
“Sono io il torturatore qui! Tu sei solo un mago!” – replicò crudelmente Daeristyrr in comune.
Solo un mago?, pensò il nano. Daurun respirò a lungo e chiuse tutti i suoi sensi al mondo, ma i rumori delle forbici prelevate dal fuoco della fornace riuscirono comunque a toccare i lembi della sua coscienza.
No, sei tu che ha un futuro, Thernyn! Hai in grembo nostro figlio e non permetterò che quest’orda ti catturi! Dovesse costarmi la vita!
“Sembra che il nano avesse una famiglia. Approfondire. Verificarne la presenza tra il bestiame.” – dettò mentalmente Oebilag il Meticoloso.
Non voglio altre morti nel mio clan! Il nostro nome deve sopravvivere fino alla chiusura della Grande Crepa! - E pensato questo il nano schiumò dalla bocca.
“Maestro Oebilag, è il caso di modificare le dosi di ilos nel suo sangue? Le sue parole testimoniano un’errata convinzione...” – chiese timoroso il giovane assistente. Schareerili era poco più di un uovo agli occhi del maestro, ma a quelli del nano era tale e quale a chiunque altro della sua razza. La stessa colorazione delle carni attorno al suo scheletro era percepita attraverso la nuova visione del chierico di Moradin in maniera molto nitida, nonostante il suo evidente stato di delirio. Ripensò per un istante alle parole che pronunciò prima di essere lasciato dal suo clan in balia dell’assalto dei drow e dei grimlock e quindi ritornò nella spirale di delirio in cui la sua mente tentava di non annegare da un tempo per lui smisurato.
“Penetra la sua mente, Schareerili. Rendilo nostro schiavo fino al termine della sua patetica vita. Tortura i suoi ricordi e...” Oebilag si interruppe e pose la sua attenzione nell’ascoltare i pensieri superficiali del nano.
Perché non posso uccidere Dio da me stesso? Perché continua a vivere in me in questo modo doloroso e umiliante, anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? Perché continua ad essere una realtà illusoria da cui non riesco a liberarmi?
Oebilag il Meticoloso sorrise o così sarebbe stato se il suo volto e la sua mente ne fossero stati capaci. Agitò uno dei suoi tre tentacoli superstiti fino a raggiungere il cranio glabro del nano e assaporò la sua febbricitante fronte, percorrendo le estremità del tatuaggio che rappresentavano il suo simbolo sacro.
“Il tuo dio è sempre con te. Anche domani lo sarà. Domani ci nutriremo del tuo cervello nell’Arena della Cibazione, chierico del Dio della Forgia. Attraverso te Ilsensine gusterà anche il suo.” Un tentacolo viscido penetrò troppo all’interno dell’orecchio del nano. Daurun si interruppe per un istante e poi continuò il suo rito. Confessò il peccato di poter perdere la fede nel Padre dei Nani e quello di non aver creduto nei suoi doni. “Cefalometro...” Un attimo dopo era già tra la sua mano destra e il suo innesto che aveva sostituito il braccio sinistro. Schareerili prometteva di diventare un ottimo allievo.

Cerchi concentrici pulsavano freneticamente e mutavano in spirali che terminavano nell’Abisso di una mente troppo disturbata per poter essere ancora paragonata a qualcosa di più intelligente di una lucertola. Le parole divennero pensieri e i pensieri assunsero la forma degli spiriti ricordati solo dal suo clan. Essi ulularono alla sventura del loro discendente e ardevano dal desiderio inesaudibile di rispondere alla domanda che egli poneva continuamente. Spirali nere comparvero e turbinarono nel sangue che bagnava il corpo dei suoi figli, come onde di un lago destinato a seccarsi. Il lugubre rumore della risacca non si interruppe neppure quando la figura ingobbita dalle torture aprì la porta della sua cella.

Il corpo nudo del nano era disteso e la sua testa era sistemata in modo da vedere il mondo al rovescio, così da aumentare il suo disorientamento alla vista dei suoi aguzzini. La figura sembrava diversa da quella dei soliti illithid, anche se il suo cranio aveva una forma simile. Nonostante tutto un brivido di speranza percorse il corpo del nano.
E’ lui che mi condurrà nell’arena per nutrire quegli esseri? - percepì il doppelganger con il suo potere.
“No, io sono qualcuno che...” – l’affare che il nano aveva nella bocca sembrava piuttosto difficile da estrarre - “...vuole andarsene di qui e che... “ - il nano si senti soffocare, ma finalmente quel lungo tubo uscì dalla sua gola - ”ha bisogno del tuo aiuto, nano!”

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