giovedì 6 marzo 2008

Rothe Curunir


Il Sole di Lathander segnava perfettamente il mezzogiorno e nessuna ombra veniva proiettata dai due ragazzi all'uscita del tempio a forma di ostrica. "Strana ora per scambiarci informazioni, Varyl! Potrebbero veder..!" "Fai silenzio" zittendolo senza tradire il minimo nervosismo. "Cerca di essere più discreto e confonditi con la folla. E tu vorresti unirti a quella gilda di Westgate?" "Queste cose non si fanno in questo modo. Ci sono orari prestabiliti per decidere certe cose. Ecco tutto!", ribatté l'aspirante assassino. Gli occhi del giovane mago guardarono imperturbabili la cupola del Tempio di Mystra, ma le sue labbra sottili si mossero appena e la minaccia arrivò a stuzzicare i brutti ricordi del nuovo socio. "Il maestro Orellienon mi ha nauseato nel decantare le doti di quel nuovo mago: voglio il suo grimorio e gli appunti su cosa sta lavorando. Quel mago rimarrà in città fino a domani, quindi hai solo questa notte per portarmi quello che ti ho chiesto." "Non lo so Varyl... Quello strano elfo mi da i brividi. Verso di lui non provo quell'irrefrenabile voglia di tagliarli la gola come con gli altri della sua razza..." "Hai paura di un elfo? Un elfo di mezza età che a malapena è riuscito a ricordare il mio nome dopo averglielo ripetuto per tutta la serata?" "Non lo so... Ho visto il suo sguardo quando tu e il tuo maestro parlavate tra voi. Sembrava capace di capire dove fossi, nonostante tu mi avessi nascosto perfettamente nelle ombre. E poi quei capelli... " concluse Culran. "Portami quello che ti ho chiesto. Le trappole non dovrebbero essere un problema per te." E detto questo il giovane apprendista abbandonò Culran nella calca del mezzogiorno di Tilverton per tornare ai noiosi insegnamenti sulla meccanica intervallati da quelli ben più rari sull’Arte. Saperne di più sugli Imaskarcana lo avrebbe reso di sicuro molto più potente, ma a quale prezzo?

E così la notte arrivò molto lentamente e con comodo si adagiò sui tetti e nelle case degli abitanti di Tilverton. Culran si era camuffato in una decina di creature diverse per poter sorvegliare indisturbato la stanza che occupava la sua prossima vittima. La Strega Sussurrante era una locanda per chi non aveva molte pretese di sicurezza e Culran si ritenne davvero fortunato a non dover entrare nell'Accademia di Azuth, dove di solito alloggiavano i maghi in visita nella città. La Strega Sussurante era talmente frequentata da ladri che alcune finestre erano state lasciate dal proprietario spalancate, in maniera tale da non doverle cambiare ogni settimana. Culran sistemò il suo mantello in modo da mimetizzarsi con le mura della locanda e guardò per bene all'interno della stanza prima di poter scavalcare la finestra. Ascoltò per bene se ci fosse qualche strano famiglio a fare la guardia al libro del mago. Diede prima un'occhiata verso il piccolo armadio e mentre stava volgendo lo sguardo verso il letto la porta si spalancò mostrando in tutta la sua molesta ubriachezza l'elfo dai capelli neri, sorretto da un nano forse ancora più ubriaco. Visti da un po' più lontano avrebbero potuto ricordare un dieci, tanto uno era lungo e snello quanto l'altro basso e tozzo. Neppure due battiti di ciglia dopo e i due erano già adagiati sul letto nella stessa maniera con cui una torre si posa sulla terra dopo essere stata invitata da un terremoto. Un paio di occhiate e Culran constatò che quei due non si sarebbero svegliati neppure se ci fosse stato Nouba il Bardo in persona a cantargli a squarciagola le gesta della Luna Selvaggia. Una lieve pressione sulle dita e le braccia si portarono allo stesso livello delle finestre e allargandosi fecero spazio alle gambe, facendo posare silenziosamente i piedi sul pavimento della stanza. Un passo e Culran poté guardare la serratura dell'armadio e dopo alcune verifiche constatare che era aperto. Sulla strada del ritorno al suo covo Culran ebbe modo di riflettere che fosse stato un vero peccato che l'armadio fosse desolatamente vuoto e ancora di più il fatto di non aver notato che il libro era sulla sedia, semi nascosto dall'unico ricambio di vestiti del mago. Se solo avesse saputo sarebbe stato molto più dispiaciuto di non aver notato che il corpo dell'elfo era un'elaborata illusione e che il nano aveva quel certo nonsoché nel suo sguardo...

Varyl riaprì gli occhi. Oltre quella porta udiva degli ululati oltrepassare il suo spessore. Cercò di voltare la sua testa, ma era completamente immobilizzata dalle catene e dai chiodi degli illithid. Il suo corpo era a testa in giù e i chiodi stentavano una presa decisa. Le sue carni avevano tutta l’intenzione di voler cedere alla gravità. Le unghie si aggrapparono istintivamente alla roccia dove era stato infilzato. La sua gamba destra sembrava fosse stata squarciata per cercare chissà cosa, mentre la sua testa percepiva qualcosa che lo attirava fuori di lì. Sussurrò il nome del suo maestro, ma la lingua era infilzata da un elaborato manufatto. Gocce di sangue sgorgavano a intervalli regolari dal manufatto e andavano a riempire la bacinella in basso. Non poteva far altro che attendere. E sperare che tutto finisse in fretta.

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